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L’appassionante avventura delle capsule

Beppi Piovesan: da apprezzato sommelier a grande collezionista, con una dedizione speciale al Conegliano Valdobbiadene DOCG
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Di Marina Grasso

Foto Francisco Marques

“Noi collezionisti di capsule siamo un po’ come dei bambini che giocano con le figurine, anche se siamo decisamente adulti e se le capsule che collezioniamo offrono approfondimenti inconsueti ed appassionanti sulla realtà produttiva dei vini spumanti”. Giuseppe Piovesan inizia a spiegare così la sequenza di scatole che ha portato a Villa dei Cedri di Solighetto, sede del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, rispondendo all’invito di illustrarci la sua ragguardevole collezione di capsule, ossia dei dischetti metallici concavi posti sulla somma sommità dei tappi degli spumanti e bloccati dalla gabbietta di sicurezza.

Quello di Piovesan, per tutti “Beppi”, è un volto molto noto nel territorio del Conegliano Valdobbiadene: oltre a possedere una delle più ampie collezioni di capsule d’Italia (“sicuramente tra le prime cinquanta”, stima) è soprattutto un sommelier professionista da oltre 40 anni, una colonna portante dell’attività dell’Ais; un volto familiare agli estimatori del Conegliano Valdobbiadene, grazie alla professionalità preziosa e discreta con cui ha animato moltissime manifestazioni nel territorio.

Ed è proprio con la passione di un grande conoscitore della cultura enologica, prima ancora che con l’orgoglio di un collezionista, che ci racconta la storia di questi piccoli oggetti mentre illustra le capsule raccolte in decine e decine di vassoi, teche, album e cataloghi, ma anche le peculiarità di molte bottiglie storiche e di tante altre curiosità reperite in tante diverse occasioni: “Fu Adolphe Jacquesson, produttore di Champagne di Chalon-sur-Marne, a brevettare nel 1844 la prima gabbietta che trattiene i tappi delle bottiglie di spumante e nella cui parte alta si trova la capsula, ossia il metodo di tappatura degli spumanti che oggi conosciamo e utilizziamo”. Un’ingegnosa invenzione che è arrivata quasi immutata a noi nella sostanza, anche se la sua forma ha subito molte evoluzioni, come spiega ancora Beppi: “All’inizio le capsule

erano anonimi e funzionali tondini di lamierino zincato, che all’inizio del Novecento i produttori francesi cominciarono a personalizzare. Il perfezionamento delle tecniche di stampa su metallo fece il resto: intorno al 1940 apparvero le prime capsule litografate o serigrafate che successivamente diventarono sempre più decorate ed attraenti, fino a stimolare un nuovo collezionismo”.

Il collezionismo nato nella regione dello Champagne – ça va sans dire – ha poi lentamente preso piede anche

in Spagna e in Italia fino da allargarsi oltreoceano seguendo lo sviluppo della produzione locale di vini spumanti. “All’inizio degli anni Ottanta la raccolta delle capsule era più o meno sporadica, spesso legata alle occasioni speciali in cui veniva stappata una bottiglia”, prosegue Bepi, che nel 2000, durante una manifestazione a Valdobbiadene, conobbe l’allora neonato Club Collezionisti di Capsule. “Da appassionato di vini, già da tempo avevo cominciato a raccogliere qualche bottiglia significativa e qualche capsula singolare, ma conoscere il mondo del collezionismo ha acceso la mia curiosità e ho cominciato a conservare sistematicamente le capsule. Grazie alla mia attività e ai tanti amici del settore che da sempre generosamente contribuiscono alla mia perenne ricerca, in breve tempo la raccolta cominciò a prendere forma, dando inizio a un’avventura avvincente”.

Oggi la collezione di Beppi conta circa 30.000 capsule: “Circa 8.000 sono italiane – riepiloga – poi ne possiedo circa 16 mila francesi e 3.000 spagnole e numerose di molti altri paesi, anche molto singolari come ad esempio alcune argentine in bronzo che pesano anche 15-20 grammi invece dei consueti 3 grammi di quelle correnti. Ci sono poi quelle rare, numerate, commemorative; quelle in legno di rovere tornito a mano che sono delle vere e proprie sculture in miniatura. Perché ormai le capsule personalizzate sono un piccolo dettaglio di grande significato anche per i produttori che mirano a renderle sempre più preziose e sofisticate non solo per i collezionisti, ma anche come simbolo della grande accuratezza che dedicano ai loro vini. Tra le realizzazioni più singolari ricordo, ad esempio, l’edizione limitata di bottiglie con capsule impreziosite con un cristallo Swarovski realizzata da un produttore di Conegliano Valdobbiadene”.

Ma la sua collezione non si limita soltanto alle capsule. “Colleziono anche bottiglie di vini particolarmente significative, celebrative e storiche; tasche porta bicchiere a tracolla delle manifestazioni enologiche; francobolli con grappoli d’uva o bottiglie di vino, anch’essi entrati a far parte delle collezioni specialistiche del settore enologico. E ho anche collezionato almeno 50 volumi dedicati al Prosecco Superiore”, elenca ancora Beppi. Perché il forte legame con il territorio del Conegliano e Valdobbiadene si legge anche nella sua collezione, che tra le varie preziosità include autentiche pietre miliari della produzione: “Una delle bottiglie cui tengo maggiormente è un Prosecco DOC 1969, anno del primo riconoscimento ufficiale della Denominazione, prodotto dalla Cantina sociale Valdobbiadene, ma sono particolarmente affezionato anche a una bottiglia di Carpenè Malvolti del 1934, con capsula di acciaio misto a ferro, realizzata per la Real Casa Savoia”. Che ci mostra con lo stesso orgoglio con cui ne illustra una di Sassicaia 1984.

 

 

 

[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Autunno Inverno 2023. L’intero numero è disponibile qui]