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Storie  

Ginevra Lamberti: “Vi racconto il paesaggio”

La scrittrice vittoriese e il suo libro dedicato alle colline, primo volume di una serie sui paesaggi UNESCO del Veneto
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E se il paesaggio del Conegliano Valdobbiadene fosse il personaggio di un romanzo? L’idea potrebbe sembrare artificiosa, ma non lo è affatto se a pensarla, e a realizzarla in concreto, è una scrittrice di talento come Ginevra Lamberti. Trentanove anni originaria di Vittorio Veneto (esattamente della Val Lapisina), ma oggi residente a Roma, dopo aver vissuto per 15 anni a Venezia, autrice di quattro romanzi, “La questione più che altro” uscito nel 2015 per Nottetempo, “Perché comincio dalla fine” (2019, premio Mondello 2020), “Tutti dormono nella valle” (2022) e l’ultimo, uscito nel febbraio di quest’anno, “Il pozzo vale più del tempo”, tutti per Marsilio. 

Sempre per l’editore veneziano è uscito quest’anno anche “Un paesaggio tutelato”, uno splendido volume che in 174 pagine racconta il territorio attraverso la voce narrante di Ginevra e le foto di Filippo Romano. Volume che inaugura una nuova collana dedicata ai nove siti UNESCO della regione, realizzati in coedizione con la Regione del Veneto. Ogni volume è affidato a un narratore e a un fotografo che, insieme, lavorano per offrire un ritratto di paesaggi, luoghi, manufatti e comunità che illustri l’unicità del sito UNESCO e insieme la sua importanza come bene comune da preservare. Prossime uscite, quelle dedicate alla Laguna di Venezia e alle Dolomiti.

Ginevra, come nasce la tua passione per la scrittura?

Credo che ci siano una serie di concause e che questo riguardi la storia di qualsiasi persona che si trova poi a scrivere e a decidere in seguito di farlo come professione. Intanto è una questione di opportunità di avere dei libri in casa, cioè di crescere con una propria libreria, da cui prendere i libri e leggerli. E poi dall’abitudine all’esposizione al racconto orale, soprattutto in ambito familiare ma in parte anche territoriale e generazionale. Essendo una millennial ho vissuto molto a contatto con persone anziane che raccontavano in continuazione aneddoti del passato e questa stratificazione culturale mi ha spinto sicuramente alla scrittura come professione”.

Quanto c’è nei tuoi libri del tuo territorio di appartenenza?

Venendo dalla Val Lapisina, sia “Tutti dormono nella valle” che l’ultimo mio romanzo “Il pozzo vale più del tempo” hanno tutti questa ambientazione che poi viene chiaramente trasfigurata in un senso romanzesco. Sono anche molto affezionata a Serravalle, ma tutta Vittorio Veneto è sempre nel mio cuore. Questo vale anche per tutta l’area di Venezia, ma anche del Mestrino che ho vissuto per tutti gli anni della mia formazione, dall’università fino ai 35 anni. Credo che i territori che ti formano nell’infanzia e nella prima giovinezza ti restino dentro gli occhi, soprattutto se di lavoro scrivi. E questo è un bagaglio molto importante.

Può davvero un territorio, un paesaggio, diventare il personaggio di un romanzo?

Certo. I personaggi delle mie storie, muovendosi in un territorio che è quello mio di riferimento, finiranno con l’essere influenzati e prendere magari anche delle decisioni di vita che in parte dipendono proprio dal paesaggio, come se fosse un genitore. E questo si iscrive in una tradizione narrativa che dà moltissima rilevanza al paesaggio, che diventa per l’appunto quasi come un personaggio aggiuntivo. Credo che questo aspetto si percepisca molto nel territorio del Conegliano Valdobbiadene, perché ha degli aspetti naturalistici molto spiccati. Ci sono tante aree in cui le persone sono ancora a contatto con una naturalità che ha a che fare con la prossimità ai campi e al bosco. Ma contemporaneamente è anche un territorio di grande industrializzazione. Io penso che qui si abbia una visione molto nitida di come il paesaggio agisca sui personaggi e viceversa di come le persone agiscono sul paesaggio. Ci si influenza a vicenda e quindi si influenzano i cambiamenti ma anche i comportamenti. 

Parlaci del libro “Un paesaggio tutelato”. Qual è stato il tuo approccio creativo?

Il libro innanzitutto unisce la fotografia con il racconto scritto. Per il primo aspetto l’autore è Filippo Romano, che ha realizzato un reportage che mostra sia l’aspetto più naturalistico e paesaggistico che quello umano e antropico delle persone che vivono e lavorano il territorio. Io ho aggiunto quella che potrebbe essere quasi definita una lunga novella, raccontando il territorio attraverso una sorta di flusso di coscienza pensato a partire da una lunga camminata proprio in quelle aree, che termina alla chiesetta di San Michele che contiene una Pala d’altare, il cui autore pare fosse un avo del poeta Andrea Zanzotto. Quindi si basa sia sul dato visivo di ciò che sono andata a incontrare in questi miei pellegrinaggi, sia sul pensiero e sulla rievocazione della memoria, che è un po’ quello che succede quando si va ad esplorare un territorio con la lentezza del percorso e della camminata. L’area delle colline è molto ben organizzata da quel punto di vista e questo mi ha sicuramente agevolato.

«Perché questa mano non era fatta di carne, ma di legno. Era il ramo nodoso di una vite che ha cessato di esistere. Tra Valdobbiadene e Conegliano si distende un arabesco di venticinque milioni di viti, forse trenta. Potremmo battezzare ognuna di queste viti con il nome di un suo essere umano gemello fino a coprire metà della popolazione dell’intero Paese» 

Ginevra Lamberti