Vini dealcolati: arriva la liberalizzazione
La bozza di decreto del Ministro dell’Agricoltura riscrive le norme per produrre i vini alcool zero. Il parere del Consorzio e dei produttori della Denominazione
L’ultima bozza di decreto presentata dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida proprio in questi giorni potrebbe aprire una nuova frontiera per il settore enologico in Italia, quella della produzione di “vini” alcol free o low alcol. Nella bozza sono tre i punti chiave per definire la produzione di vini dealcolizzati (≤0,5% alcol) e parzialmente dealcolizzati: divieto di dealcolazione per vini DOP e IGP, produzione in strutture separate (con registri digitalizzati e licenze) ed obbligo di etichettatura specifica. I metodi di dealcolizzazione consentiti sono: evaporazione sottovuoto, tecniche a membrana e distillazione. Sarà vietato, inoltre, aumentare gli zuccheri o aggiungere aromi esterni, mentre è permesso recuperare acqua e aromi endogeni in circuito chiuso.
Quello dei vini dealcolati è un settore ancora praticamente vergine nel nostro paese, sia come mercato (secondo un rapporto di Nomisma Wine Monitor, il mercato italiano dei vini a basso contenuto alcolico e dealcolati rappresentava meno dello 0,5% del totale del mercato vinicolo nel 2022, ma con tassi di crescita che si aggirano intorno al 10% annuo), ma soprattutto come normative, che la nuova legge dovrebbe almeno in parte risolvere.
I vini dealcolati rappresentano una nuova sfida per il settore enologico, pensata per rispondere alla crescente domanda di bevande con un ridotto contenuto alcolico, senza rinunciare al piacere del vino. La dealcolazione consiste nel ridurre parzialmente o totalmente il contenuto di alcol del vino, mantenendone al contempo le caratteristiche organolettiche il più intatte possibile. A partire dal 2021 l’Unione Europea ha introdotto la possibilità di commercializzare vini parzialmente o totalmente dealcolati, specificando che questi prodotti devono rispettare alcuni requisiti tecnici e non possono essere confusi con i vini tradizionali. Ad esempio, i vini “dealcolati” devono avere un contenuto alcolico inferiore allo 0,5%, mentre quelli “parzialmente dealcolati” possono variare tra lo 0,5% e il 5,5%.
LA POSIZIONE DEL CONSORZIO
“Non penso sia corretto chiamarli vino”, esordisce Franco Adami, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco. “Esprimo preoccupazione riguardo alla possibilità di definire “vino” un prodotto dealcolato. La parola vino è densa di significati culturali che vanno ben oltre la definizione di un prodotto. Il vino rappresenta una parte consistente della cultura agroalimentare di un Paese come il nostro in cui la cultura enologica è solida e antica. Il vino è il frutto di una tradizione millenaria, basata sulla capacità umana di innovare in vigneto e poi in cantina, consentendo ai vitigni di esprimere la loro autenticità, di parlare di un territorio e di una comunità che li ha coltivati”.
“Nonostante la bozza del decreto escluda i vini DOP e IGP dalla normativa – continua Adami –, invito a riflettere sulla posizione di eccellenze come il Conegliano Valdobbiadene, un vino caratterizzato da un’alcolicità moderata, che si colloca già vicino alla categoria dei “low alcohol Questa caratteristica è parte integrante della sua identità e del suo valore culturale, difficilmente compatibile con le logiche dei prodotti dealcolati. Se il decreto andrà in porto sarà indispensabile monitorare con attenzione l’impatto di questa nuova tipologia di prodotto sul mercato. Non possiamo infatti ignorare che le nuove generazioni prestano sempre più attenzione alle novità e tendono a evitare tutto ciò che percepiscono come “tradizionale”. Questo trend globale deve però trovare un equilibrio con la salvaguardia della qualità e del patrimonio culturale. Cercando di ristabilire un buon rapporto fra i nuovi consumatori ed il “vino vero”, il moderato consumo ed il rapporto fra la buona tavola ed il buon vino, possiamo proteggere lo stile di vita italiano che ritengo fra i migliori al mondo”.
“Allo stesso tempo – conclude il Presidente – sono consapevole che i vini dealcolati rappresentano un’ulteriore opportunità per le nostre cantine per approcciare nuovi mercati, offrendo una scelta in linea con le esigenze di un mercato in evoluzione. Tuttavia, è importante che i produttori comunichino con chiarezza e responsabilità, evitando di generare confusione tra i consumatori o, peggio, di sminuire il valore dei tradizionali prodotti della produzione vinicola. Concludo ribadendo la necessità di proteggere la tradizione enologica, non solo come simbolo del Made in Italy, ma anche come espressione di una cultura che ha saputo fondere arte, scienza e natura in un prodotto unico al mondo”.
IL PARERE DEI PRODUTTORI
“Quello dei vini dealcolati – spiega Sandro Bottega, titolare della Bottega SpA – è un mercato in forte crescita nel nostro paese. Ad oggi noi commercializziamo già spumanti senza alcol prodotti in paesi in cui questo è ammesso, come Spagna, la Francia, il Belgio, l’Austria, la Germania, che etichettiamo come “soft drink”. Con la nuova normativa finalmente potremo farlo anche direttamente in Italia, ma solo in stabilimenti dedicati. Credo che un tema importante come questo vada affrontato in maniera più tecnica e pratica, coinvolgendo direttamente i produttori che conoscono meglio di tutti il settore”.
“Da un paio d’anni abbiamo lanciato il nostro primo spumante analcolico – spiega Alessio Del Savio, Technical Director, Winemaker e Management Board Spokesman di Mionetto SpA – a seguito delle grandi richieste pervenutaci sia dal mercato internazionale che nazionale, nello specifico nei paesi del Nord Europa, oltre al recente ingresso nel mercato USA. Per il futuro ci auguriamo di poter, innanzitutto, avere la possibilità di produrre questa tipologia di prodotto anche in Italia, riuscendo così ad apportare un miglioramento qualitativo grazie al know-how italiano in materia. Ci auguriamo che a livello legislativo vengano risolti i problemi legati alla parte burocratica che interessa la produzione all’interno del nostro paese”.
“Considerata la normativa vigente – conferma Luca Serena di Serena Wines – e quindi l’impossibilità di produrre dealcolati come avviene invece in altri paesi, quello che posso confermare è sicuramente l’attenzione che Serena Wines 1881 ha nei confronti del trend globale che strizza l’occhio al no e low alcol. Le abitudini di consumo sono cambiate, non solo rispetto all’alcol: ora con la normativa entrante relativa all’inserimento in etichetta delle calorie, infatti, l’attenzione del consumatore finale si sposterà anche su questo fronte. Tornando a noi e al nostro approccio verso il tema no alcol, nel 2024 abbiamo messo sul mercato un’etichetta 0.0 Alcol, una bevanda derivata dal mosto d’uva che si presta perfettamente alle tipiche occasioni di consumo conviviali legate alle bollicine, ma alcol free, e che sta avendo grande successo. Il mercato più forte dello 0.0 Alcol, che ricordo non è un vino, è sicuramente quello estero, con una grande dominanza della Scandinavia; l’Italia segue il flusso, ma questo trend non è ancora diffuso nel nostro paese”.
“Quello dei vini dealcolati – racconta Filippo Polegato, AD di Astoria Wines – è sicuramente un mercato in forte sviluppo, che solo negli Stati Uniti vale 2,5 miliardi di euro: rappresenterebbe quindi una grandissima opportunità per il mondo del Prosecco italiano e non solo. Anche in Italia l’interesse dei consumatori verso questa tipologia di prodotto sta crescendo molto, come confermano i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly: il 36% dei consumatori italiani è interessato alle bevande dealcolate. È un trend che intercetta soprattutto consumatori di una fascia di età più bassa, particolarmente attenti anche al loro consumo calorico. Un trend che da produttori fatichiamo a intercettare attualmente, per una mancata regolamentazione normativa che comporta un iter tortuoso (e costoso) per le aziende, le quali si vedono costrette a portare all’estero i propri vini per sottoporli a un processo di dealcolazione. Per questo da molto tempo con l’Unione Italiana Vini abbiamo posto l’attenzione sulla necessità di definire norme adeguate alla lavorazione dei vini dealcolati”.