Tra calici e mezze bottiglie, come cambiano i consumi nei ristoranti
Le nuove abitudini di consumo ridisegnano il mercato: dai ristoranti stellati alle trattorie, cresce la vendita al calice mentre le mezze bottiglie tornano protagoniste
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La crisi economica, con conseguente aumento dei prezzi, le spinte salutistiche e (se vogliamo) anche l’entrata in vigore del nuovo codice della strada, stanno cambiando le abitudini di consumo di vino nel nostro paese, ridisegnando il mercato. Col risultato di un incremento di richieste di mezze bottiglie e soprattutto l’aumento delle vendite al calice, che nei ristoranti sono arrivate ormai al 10%.
Un fenomeno che apre nuovi scenari anche per denominazioni come il Conegliano Valdobbiadene: se da un lato i produttori potrebbero ripensare formati e strategie, dall’altro si spalancano autostrade nel mondo della mescita, dove un vino “piacevole e con una beva giusta” può trovare il suo habitat ideale.
Il nuovo Codice della Strada
“L’entrata in vigore del nuovo codice della strada ha creato preoccupazione e disorientamento tra imprenditori e consumatori”, spiega Luciano Sbraga, vicedirettore FIPE. “La crescita del vino al calice e delle bottiglie più piccole è in aumento. È una risposta non all’aumento dei prezzi, ma alla diminuzione dei consumi”.
Il fenomeno non è solo economico, ma culturale. Come sottolinea Sbraga, “Al ristorante le persone non si prendono una bottiglia perché non sarebbero in grado di berla, anche per rispetto delle norme. Il vino al calice, invece, va incontro a una doppia esigenza: una più coerente al proprio livello di consumo e l’altra di avere l’opportunità di poter assaggiare vini diversi in abbinamento durante una cena”.
Un trend trasversale
Paolo Porfidio, sommelier del prestigioso Hotel Excelsior Gallia di Milano, conferma. “L’aumento del servizio al calice è un trend che ho notato anche nella nostra struttura. È un discorso sicuramente in crescita, sia per il cambio delle norme sul codice della strada sia per un discorso economico. Ma soprattutto perché c’è una crescente ricerca di novità, nel voler assaggiare diverse tipologie e nello scoprire vini inediti”.
Anche per Porfidio, quindi, il punto cruciale sta proprio nell’approcciare quella che oggi è ormai una nuova cultura del vino. “Il nostro ospite ha il piacere e la necessità di godere un’esperienza a 360°, anche perché il consumatore privilegia sempre più la varietà rispetto alla quantità. E non è solo un fenomeno dell’alta ristorazione. Girando in altri ristoranti, sui tavoli vedo anche a cena sempre più mezze bottiglie, cosa che negli anni passati era più un discorso da pausa pranzo.”
La visione della distribuzione
Luca Cuzziol, titolare di Cuzziol Drink Experience e presidente della Società italiana degli importatori e distributori, offre una prospettiva diversa. “Non credo che la mezza bottiglia possa prendere piede tra i produttori del Conegliano Valdobbiadene. – afferma – Dalla nostra esperienza la richiesta c’è, ma soprattutto per quei vini medio-alti in cui il costo a bottiglia è lievitato costantemente. La mescita funziona di più perché è trasversale, per una questione economica, ma anche per un cambio del fine dining. L’oste o il sommelier che ti offre la possibilità di assaggiare un vino che non conosci può diventare un’opportunità molto interessante per i produttori”.
- Luciano Sbraga
- Paolo Porfidio
- Luca Cuzziol
Il menù degustazione nella ristorazione
La risposta della ristorazione al nuovo trend è chiara: puntare sempre più sull’abbinamento e sul menù degustazione. “La proposta di un menu degustazione con abbinamento è qualcosa che già da diversi anni è subentrato, sia come alternativa al calo dei consumi, ma anche per andare incontro alla necessità dell’ospite di assaggiare, di degustare, di scoprire etichette nuove”, conferma Porfidio. “Una delle prospettive su cui ragionare – aggiunge Sbraga – potrebbe essere quella di andare sempre di più sull’abbinamento, come fa l’alta ristorazione con il menu degustazione. Questa potrebbe essere una prospettiva interessante per la ristorazione tradizionale.”
La sfida della produzione: meno etichette, più qualità
Per i produttori, questo cambiamento rappresenta insieme una sfida e un’opportunità. “I produttori hanno oggi più che mai la necessità di ridurre il numero di etichette in produzione”, osserva Porfidio. “Un portfolio di 10- 20 etichette destabilizza ed è difficile da assorbire dal mercato. Meglio concentrarsi sulla qualità, su meno etichette ma più rappresentative di un territorio”. Cuzziol è ancora più diretto: “C’è un cambiamento nei costumi, ma c’è anche una problematica legata al calo di interesse e ad un’offerta diventata ormai enorme e insostenibile. Oggi forse 10 volte superiore rispetto agli anni ’90”.
Conservazione e rotazione
Il successo della mescita non è solo questione di marketing. Come evidenzia Sbraga, “c’è il tema di avere la possibilità di far girare bene le bottiglie, perché un vino non può restare in una bottiglia aperta una settimana. Bisogna conservarlo bene o avere una rotazione corretta”.
“Grazie a vari strumenti che consentono una corretta conservazione del vino – conferma Porfidio –, si riesce a godere anche di 5 o 6 calici durante una cena, rispetto alla singola bottiglia.”
Le sfide future
Mentre i numeri continuano a crescere, quello che emerge chiaramente è che il mercato ormai si trova di fronte non ad una tendenza passeggera, ma a un vero cambio di prospettiva che deve far riflettere sulle nuove abitudini di consumo, sulla maggiore attenzione alla salute ma soprattutto (ed è forse la parte più stimolante e la sfida da sfruttare) su una crescente curiosità enologica.
Come conclude saggiamente Cuzziol: “È solo la diversità che rende interessante. Una carta vini con 30 vini non è interessante, una con 200 vini lo è, quella da 1000 diventa complicata. I latini dicevano ‘in medio stat virtus’, penso che valga ancora.”
In un mercato sempre più sofisticato e attento, il futuro del vino sembra scritto in caratteri più piccoli: mezze bottiglie e calici che raccontano storie diverse, un sorso alla volta.