Stramare: Il borgo che si fa amare
Alla scoperta di Stramare, un micro-borgo incastonato sulle pendici di un monte e circondato dai boschi. Dove il tempo pare essersi davvero fermato
Di Paolo Colombo
Si dice che, spesso, nella toponomastica di un nome si celi un po’ della sua anima. Nel caso di questo piccolissimo borgo di una manciata di case di pietra, incastonato a 400 metri di altitudine sulle falde del monte Doc, c’è molto di vero. Il borgo, che si raggiunge su una ripida strada a pochi chilometri da Segusino, si chiama Stramare. E già il fatto di contenere nel suo nome “amare”, il verbo più romantico che ci sia, è già un primo indizio. Se poi il suo santo patrono è anche San Valentino, cui è dedicata l’unica, piccola chiesetta, arriviamo a due indizi che, come ci insegnano gli appassionati di gialli, fanno una prova.
La realtà e molto più prosaica. Stramare, infatti, deve il suo nome a quello della prima famiglia che si stabilì qui, tra fine Cinquecento e primi dei Seicento. Pare fossero carbonai originari dall’Istria o dall’Ungheria, ma è certo che il cognome Stramare ha intessuto tutta la vita del borgo. L’ultima Stramare, Olivia, se ne è andata nell’aprile del 2017 alla veneranda età di 101 anni, dopo una vita vissuta con i suoi animali, l’asino, la mucca e la capra. Il periodo di massimo fulgore il borgo lo raggiuge negli anni Trenta, quando poteva contare su 130 abitanti. Nel dopoguerra inizia l’esodo e l’abbandono. Tanto che oggi di abitanti ne conta appena cinque in tutto. Un micro-borgo, quindi, ma che rivela mille sorprese.
Anche San Valentino, nella realtà, qui è noto più che per le festa degli innamorati, per essere il santo patrono degli epilettici. Eppure, specie negli ultimi anni, questo piccolo borgo seicentesco, bello come un presepe, ha iniziato una sua rinascita, venendo scoperto e visitato sempre più spesso. Chi ha avuto occasione di vistarlo, magari anche per caso, se ne è subito innamorato. Tanto da decidere di stabilirsi qui. “Quella di San Valentino è una storia curiosa, anche perché tra amore ed epilessia non c’è tutta questa distanza… ”. A parlare così è Mirko Artuso, attore e regista trevigiano molto noto, che ha al suo attivo collaborazioni con maestri come Gabriele Vacis e Marco Paolini. Artuso è uno di quelli, arrivati qui per caso, cui questo borgo ha preso davvero il cuore. La sua storia è esemplare. Nell’estate del 2019 organizza un suo originale progetto che prevede un itinerario lungo la via del Piave, da percorrere a piedi in una decina di tappe, dalle sorgenti sino a Salgareda, suo paese d’origine. “Come un antico viandante, raccontavo storie in cambio di vitto e alloggio”.
Verso il finire del viaggio, a marzo del 2020, si ritrova qui a Stramare, dove viene ospitato da Mariano Lio, un altro di coloro che sono stati toccati indelebilmente dalla bellezza di questo borgo. Da Segusino, dove lavora al Comune, Mariano ha fatto una scelta di vista venendo a stabilirsi qui e diventando un vero e proprio custode delle sue tradizioni del borgo, su cui ha fatto e continua fare molte ricerche ed ha già scritto parecchi libri, fondando anche l’associazione “Amarestramare”. Mirko e Mariano hanno fanno tutto il lockdown insieme, bloccati qui. Ma è la scintilla che fa nascere nel regista un’idea: organizzare qui, in un palcoscenico naturale circondato da boschi, un festival di teatro, musica e cinema, dal titolo “La giusta distanza”, che quest’anno arriva alla sua terza edizione. Ed anche di decidere di stabilirsi qui, poco lontano da Stramare, a S. Barnaba.
Oggi Stramare, nonostante l’aumento di turisti e visitatori attratti dalla bellezza e particolarità del borgo, rimane un luogo tranquillo e isolato, quasi fosse inserito in un altro spazio ed in un altro tempo, dove davvero si può scoprire il vero connubio con la natura, al ritmo delle stagioni.
[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Primavera Estate 2022. L’intero numero è disponibile qui]