Mercati pionieristici per lo spumante: dall’Africa al Medio Oriente
Le esperienze delle aziende della Denominazione in paesi “esotici” o mercati “marginali”. Dall’Africa al Sudamerica, passando per il Medio Oriente

Una delle regole principali degli scacchi è saper coprire con i propri pezzi tutte le caselle della scacchiera. Magari anche quelle che, in un primo momento, sembrerebbero poco importanti, ma che con il procedere della partita potrebbero rivelarsi determinanti per lo scacco matto.
A pensarci bene, è una strategia che si adatta perfettamente anche a quella commerciale che molte aziende della Denominazione stanno attuando per i mercati esteri: iniziare ad occupare mercati “marginali” o “esotici”, con l’obiettivo di coprire il maggior numero di caselle del mercato globale vitivinicolo.
Per capire meglio come funziona, quali risultati si stanno ottenendo e qual è l’idea di base della strategia scacchistica applicata al vino, abbiamo sentito alcuni esempi di cantine che stanno approcciando mercati che potrebbero diventare col tempo una testa di ponte per allargare la presenza del brand in regioni più ampie.
- Carlo Caramel
- Giovanni Savio
- Paolo Favero
- Lionello Lot
Oltre i confini convenzionali: motivazioni e strategie
Una linea comune è che la necessità di espandere gli orizzonti è dettata dalla maturità di mercati come quello interno, i paesi di lingua tedesca, il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove gli spazi cominciano a restringersi.
Come sottolinea con una azzeccata metafora Carlo Caramel, titolare di Canevel, cantina del gruppo Masi Agricola, “è importantissimo saper suonare tutta la tastiera del pianoforte”. Questa diversificazione non solo offre una “vetrina sul mondo” ma, come spiega Giovanni Savio dell’ufficio stampa di Bottega Spa, consente di “affrontare meglio eventuali crisi che possono arrivare dal mercato americano con i dazi, dall’eventuale crisi di consumi in Cina, da turbolenze che possono esserci anche in Europa, garantendo una maggiore indipendenza”.
Le strategie di ingresso variano, ma spesso combinano analisi di mercato con un approccio proattivo e, a volte, anche con quel pizzico di fortuna che non guasta mai. Paolo Favero, direttore export di Astoria, descrive la sua azienda come “pionieristica” nell’esplorazione di nuovi paesi, essendo presente in circa 120 mercati a livello globale. L’approccio prevede una ricerca di potenziali importatori ma anche un forte impegno personale: “Ci mettiamo la faccia, viaggiando per incontrare i clienti, un’attività che fa la differenza. La ricerca di informazioni dettagliate sul consumatore in questi mercati può essere limitata, richiedendo un po’ di naso per identificare opportunità e nicchie ancora non saturate”.
Africa: un continente da scoprire
L’Africa emerge come un terreno particolarmente promettente. “Per Canevel tutto è cominciato 6-7 anni fa in modo quasi fortuito con un contatto in Nigeria – spiega Carlo Caramel – grazie ad un imprenditore che si occupava principalmente di arredamento e che, tramite un agente italiano di origine trevigiana, ha iniziato ad importare qualche bottiglia per sé e per un ristretto giro di amici”.
Un passaparola discreto ma efficace, grazie soprattutto alla conoscenza del Conegliano Valdobbiadene che ha fatto da apripista e ha portato Canevel – e poi anche alcuni vini Masi – a farsi conoscere da una clientela privata alto-spendente. “Sono clienti che viaggiano, frequentano ambienti esclusivi e sono abituati a prodotti di qualità”. Da lì, il passaparola ha portato a un contatto in Kenya, dove un gruppo di privati legato a un golf club sta aprendo un’enoteca. Carlo spera che l’espansione continui in altri paesi africani, considerandolo un “terreno tutto ancora da esplorare”.
Anche Astoria sta investendo significativamente in Africa, con recenti ingressi in Senegal, Benin, Burundi, Zambia, Uganda e prossimamente in Madagascar. Paolo Favero sottolinea come, a fronte di problemi come i dazi americani, sia fondamentale “focalizzarsi in altri paesi non tanto battuti”. E a conferma dell’importanza strategica del continente c’è anche l’esperienza di Col Sandago, del gruppo Hausbrandt, come racconta l’export sales manager Lionello Lot: “Abbiamo già avuto esperienze in Sudafrica, sospese però durante il Covid, ma prevediamo di ristabilire la nostra presenza, in particolare a Cape Town, anche tramite contatti inizialmente legati al caffè del gruppo”. In Africa è presente anche Bottega, con alcune nazioni del continente presenti tra i suoi 165 paesi di esportazione, dimostrando una presenza capillare.
Dal Medio Oriente all’America Latina: sfide e storie di successo
Al di là dell’Africa, altre regioni inesplorate stanno rivelando il loro potenziale. Il Libano è un esempio di successo per Astoria, dove l’azienda ha iniziato a lavorare circa dieci anni fa diventando ormai un brand riconosciuto per le bollicine. Nonostante le complessità geopolitiche che hanno portato a interruzioni negli scambi, la ripresa degli invii di container dopo le tregue testimonia la resilienza del mercato e l’apprezzamento per il vino italiano. “L’accoglienza dei nostri clienti libanesi in azienda – racconta Paolo Favero – è stata la ciliegina sulla torta che ha rafforzato il loro legame e la comprensione del prodotto”.
Un caso molto particolare anche dal punto di vista geopolitico è quello di Cipro Nord, la parte settentrionale dell’isola contesa da decenni tra Grecia e Turchia, dove Col Sandago ha saputo cogliere l’opportunità di entrare dopo un incontro al Vinitaly con un giovane imprenditore locale. “Nonostante Cipro Nord sia comunque un’esportazione extra CE – spiega Lionello Lot – sorprendentemente le formalità doganali sono state molto meno complicate di quanto mi aspettassi, a differenza di altri paesi come il Brasile in Sud America, che possono presentare maggiori difficoltà burocratiche. Inoltre, per noi Cipro può rappresentare anche un punto di partenza verso altri mercati promettenti come il Medio Oriente o la Turchia”.
Facendo un salto dall’altra parte del mondo, concludiamo il nostro viaggio in America Latina, dove Bottega ha una strategia di presenza diretta grazie ad un ufficio a Buenos Aires, gestito da una storica collaboratrice della cantina proprio di origine argentina. “Questo ufficio – dice Giovanni Savio – facilita la gestione delle attività in tutto il subcontinente, dalla Patagonia al Messico, permettendo una maggiore agilità e la possibilità di presidiare meglio questo mercato”.