L’umanità di Gigetta
La qualità di un territorio, candidato a Patrimonio dell’Umanità, è fatta anche della storia delle donne e degli uomini che l’hanno plasmato. Come quella di Gigetta
Testo di Miro Graziotin / Foto di Joe Murador
In questa terra scintillante dove ogni cosa brilla di luce speciale, dove i borghi e le colline si vestono di colori ad ogni variar di passo, si stende in tutta la sua pacatezza lo sguardo sereno e lungimirante di Gigetta, qui ritratta con maestria da Joe Murador, fotografo di Cison di Valmarino.
Nata a Santo Stefano di Valdobbiadene un bel dì di ottobre del 1912, ha attraversato con quegli occhi tutto il Novecento e conserva di quella lunga stagione una memoria inscalfibile cadenzata dagli eventi di una vita operosa sempre avvinghiata alla sua terra tra le serrate sponde del torrente Teva di Santo Stefano di Valdobbiadene dove bambina correva alla vita e gli argini più distesi e sciolti del fiume Raboso che scendendo le valli della pedemontana lambisce uno dei borghi fondativi del Prosecco Superiore – Col San Martino –, dove ha trovato amore e messo su famiglia.
Quegli occhi di azzurro cielo, quel cielo che solo qui si carica così intenso nel volgere delle stagioni adagiato alla dolcissima montagna e che dipinge le colline di colori e profili che ne fanno, specie a Col San Martino, un paese di orizzonti e di suggestioni che incantano il viandante. Se, come ha scritto Borges, nel volto di una persona sta scritta la geografia del mondo, in quello di Gigetta si dipana una geografia familiare che, prendendo le mosse dalla storia tragica del Novecento, ha codificato i cambiamenti epocali che quel secolo ha prodotto. Sollecitando la sua strepitosa memoria emerge il racconto lucido delle vicende domestiche che hanno valenza collettiva perché il passaggio apocalittico della guerra, di cui conserva ricordi sfumati ma in alcune questioni vividi e lucenti, e il successivo “risorgimento rurale” con le vicende legate ad un’agricoltura di sussistenza che permeava con i suoi riti la vita collettiva di intere comunità alla riscossa, ha anticipato quello che oggi conosciamo come il fenomeno agricolo/sociale più rilevante nel Veneto stancamente opulento degli ultimi trent’anni.
Cosa ci raccontano quello sguardo e quelle mani benedicenti? Ci dicono, per chi vuole intendere, che non è oro tutto ciò che riluce e che la qualità superiore di questa terra è il frutto multicolore e molteplice della passione che Gigetta esprime ancora con i suoi gesti ancestrali e che ci accolgono, ogni qual volta bussiamo alla sua porta, nell’atto di offrirci un caffè condiviso nei pressi del mezzodì quando, intenta al traffico quotidiano della cucina economica o alle prese con ago e filo, si concede una sosta e sfoderando uno sguardo di complicità ci racconta con dovizia di particolari l’albero genealogico del mondo, il nostro.
Gigetta, patrimonio di umanità.
Articolo di Miro Graziotin. Foto di Joe Murador. [Originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Primavera Estate 2018. L’intero numero è disponibile qui]