Il fiore d’inverno
Il Radicchio Rosso di Treviso: sapori di terra, di acqua e di pazienza. E il suo intreccio amoroso con il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore.
Di Marina Grasso
È un paesaggio rurale modellato da una fitta rete idrografica quello, che si estende ai piedi delle colline dove nasce il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore. Fiumi che spesso nascono nel sottosuolo, perché l’alta e la bassa pianura trevigiana sono divise da una cosiddetta “linea delle risorgive”: acque purissime di falda scendono a valle dalle Dolomiti e scorrono sotterranee sotto un materasso ghiaioso, e tendono spontaneamente a risalire in superficie dando origine a diversi corsi d’acqua. Il più importante è il Sile, fiume che, assieme ai suoi affluenti, affiora in tutto il centro storico di Treviso, ma che nasce a sud ovest della città, in una zona umida che è culla di un prezioso ecosistema tutelato dal Parco Regionale. Ed è proprio l’abbondanza di acque pure, l’elemento imprescindibile per la produzione del Radicchio Rosso di Treviso. Il quale non è altro che una cicoria selvatica (Cichorium intybus), cui però il paziente lavoro dell’uomo e la purezza dell’acqua conferiscono aspetto e sapore esclusivo, e al quale il marchio Igp attribuito dall’Unione Europea impone precise regole di produzione, differenziandolo anche in tre grandi tipologie.
IL “TARDIVO”
La variante più pregiata è il “tardivo”, unico nel metodo di lavorazione, nell’aspetto originale e nel gusto delicatamente amarognolo: la cicoria viene raccolta con parte della radice dopo le prime gelate invernali, quindi sottoposta a trattamenti a base di sola acqua e manualità. Liberata dalle foglie più esterne e legata in grandi mazzi, viene immersa nelle acque di falda con temperatura controllata per circa due settimane, fino a produrre nuovi germogli privi di clorofilla (a causa dell’assenza di luce), croccanti e leggermente amarognoli. Ed è ancora la pura acqua corrente della pianura trevigiana la protagonista dell’ultimo passaggio, per togliere nuovamente le foglie
più esterne e lasciare solo il magnifico cuore dall’inimitabile colore. Complessità del processo e necessità climatiche rendono disponibile gli esclusivi e originali cespi del Radicchio Rosso di Treviso Tardivo IGP solo durante l’inverno.
IL “PRECOCE”
Meno complessa è la produzione della varietà “precoce”, che viene seminata entro il mese di luglio e la cui maturazione avviene completamente in campo. Per questa tipologia la fotosintesi viene inibita legando tra loro le piante raccolte – sempre con le loro radici – al termine dei mesi più caldi, per facilitare la nascita di nuove foglie interne che diverranno, quindi, rosse e bianche. Una sola pulitura delle foglie e la legatura producono il Radicchio Rosso di Treviso Precoce IGP, che ha foglie più grandi e compatte di quelle del tardivo, un po’ più amarognole e un po’ meno croccanti, e che sono disponibili sul mercato già alla fine dell’estate.
IL VARIEGATO DI CASTELFRANCO
E poi c’è “la rosa che si mangia”, il Radicchio Variegato di Castelfranco Igp, incrocio tra Radicchio Rosso di Treviso e l’Indivia Scarola (Cichorium endivia latifolium). Dopo aver sviluppato il suo cespo grosso e bene aperto in campo, dov’è importante che il terreno sia fresco e ben drenato, viene raccolto dalla fine di settembre con circa 10 centimetri di radice, quindi posto in casse con fondi retinati dove, in assenza di luce, imbianca e sviluppa nuove foglie prive di clorofilla, con sapori, profumi e croccantezza esclusivi.
PIATTI E ABBINAMENTO
Solo da questi tre processi, messi a punto con tenacia, pazienza e manualità contadina, nascono i rossi radicchi trevigiani che offrono la loro grande versatilità alla cucina autunnale e invernale, dove diventano protagonisti di una moltitudine di preparazioni, cui al sapore delicato del Variegato, più deciso del Precoce e alla croccantezza dolce-amara del Tardivo, si aggiungono forme e colori originali ed esclusive. A causa dei diversi sapori che il Radicchio Rosso può intrecciare (anche secondo il momento della stagione in ci viene consumato, che conferisce maggiore o minore sapore amarognolo al Tardivo e al Precoce), ma anche la versatilità di utilizzo dall’antipasto al dolce (perché c’è chi lo declina anche nel dessert, in gelati e in tisane), il miglior abbinamento con il vino può essere molto mutevole e a volte non semplice. Ma il Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene si rivela, anche in questo caso, una scelta sempre appropriata: per primi piatti asciutti e gustosi come un risotto, con la fresca morbidezza del Conegliano Valdobbiadene Extra Dry è praticamente impossibile sbagliare, mentre per preparazioni fritte o cotte al forno è preferibile scegliere il Conegliano Valdobbiadene Brut che con il suo fine perlage assicura pulizia del palato e persistenza dei sapori. Ma, si sa: il Conegliano Valdobbiadene Brut è anche un vino da tutto pasto, grazie alla sua energia gustativa e a tutto il sapore di un territorio unico racchiuso in ogni bottiglia.
[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Autunno Inverno 2018. L’intero numero è disponibile qui]