Enrico Canel: la tradizione come innovazione
Alla Locanda da Condo di Col San Martino profumo di storia, di territorio e di lungimiranza
Di Marina Grasso
Foto Francisco Marquez
Lo stile liberty che suo nonno Giovanni Canel scelse per la trattoria inaugurata poco dopo la Grande Guerra lo si respira ancora. Fu suo padre Giocondo a imprimere molti cambiamenti al locale, dandogli un grande slancio tanto che negli anni Sessanta-Settanta divenne un autentico crocevia di incontri di intellettuali, politici e artisti. La cucina schietta della moglie Rina, le frequentazioni illustri, l’estrosità e la lungimiranza di Condo, che tra l’altro fu tra i promotori della “Strada del Vino Bianco”, antesignana dell’attuale “Strada del Prosecco”, fecero crescere suo figlio Enrico in un ambiente unico, dove i sapori del territorio non sono solo quelli che si gustano a tavola, ma anche quelli che impreziosiscono le relazioni tra le persone.
Proprio com’è ancora oggi nelle quattro deliziose salette della Locanda da Condo di Col San Martino, condotta da molti anni proprio da Enrico assieme alla moglie Beatrice: un locale dove la genuinità la si gusta fin dall’esterno, con la sua piccola terrazza fiorita, la grande insegna dipinta sul muro e quella in stile liberty appesa all’angolo. E la si percepisce tra i mille dettagli degli arredi da curatissima trattoria veneta, la si legge in un menu non troppo lungo ma decisamente tradizionale, anche se Enrico non ha imparato in famiglia l’arte della cucina (“mia madre aveva per me altri progetti e non mi ha voluto insegnare nulla, sperando prendessi altre strade”) ma si è cercato maestri come Angelo Paracucchi e Roger Vergé per sperimentare e trovare le proprie tecniche. E compiere le proprie scelte con le quali onora una cucina veneta “che più veneta non si può”.
“È stata proprio la mia continua ricerca di nuovi stimoli e di innovazione a farmi scegliere di elaborare esclusivamente prodotti locali e di realizzare i piatti della tradizione di famiglia”, spiega. “E più passa il tempo, e più il mondo sembra rimpicciolirsi e confondersi per la facilità di reperire qualsiasi tipo di ingrediente in ogni stagione, più avverto la necessità di farmi ambasciatore, oserei dire difensore, di una cucina che valorizza gli agricoltori e gli allevatori locali, che sono sempre i miei principali fornitori, e che sottolinea la stagionalità invece che appiattire l’offerta in nome della creatività. Perché il “chilometro zero” non è una moda o una corrente dettata dal buonsenso ma, soprattutto nelle colline dove gli approvvigionamenti erano un tempo più difficili, è sempre stata la regola, la necessità sulla quale si sono costruite le tradizioni gastronomiche. Quelle stesse che onoro, magari senza ignorare le più moderne tecniche di conservazione e cottura, ma sempre per realizzare al meglio piatti che nella stagione fredda sono il musetto col cren o con il purè, la pasta e fagioli o la zuppa di patate, funghi e marroni, lo spiedo con la polenta bianca, i bolliti o la faraona con la salsa peverada; nei mesi più caldi trionfano nel menu i risi e bisi, gli gnocchi di ricotta o di polenta con la cannella, gli insaccati e i formaggi locali, le carni in salamoia: un vero e proprio alfabeto di cucina veneta, quella che nasce dagli orti e dai campi di questo incredibile spicchio di mondo”.
Ascoltare Enrico raccontare la sua cucina – cosa che ama fare anche con gli ospiti della Locanda – è un po’ come sentire non solo il fascino che esercita su di lui da oltre quarant’anni, ma anche la responsabilità di chi sa di vivere in un luogo speciale e vuole sottolinearlo. “Mi piace invitare i clienti a percorrere i sentieri nei dintorni del locale, anche solo per fare due passi digestivi: con una facile passeggiata dalla Locanda si può raggiungere la medievale San Vigilio, l’iconica chiesetta che molti hanno già conosciuto dalle foto più suggestive delle Colline patrimonio Unesco, mentre con un percorso più lungo che attraversa anche un piccolo canyon si può arrivare al paesaggio incantato del Gor de la Cuna o anche raggiungere la quasi selvaggia zona dei Palù. Credo che conoscendo queste peculiarità anche il sapore dei prodotti locali diventi più importante, più incisivo, più esclusivo”.
Scopri una delle ricette dello chef Enrico Canel qui.
[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Autunno Inverno 2021. L’intero numero è disponibile qui]