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Aldo Rebuli: un messaggio sui muri

Antichi muri come tele, le colline come cornice. È la forma d’arte scelta da un poliedrico autore che preferisce la definizione di creativo a quella di artista. E che ha scelto per esprimerla le colline del Conegliano Valdobbiadene Prosecco
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Di Marina Grasso

Quando avevo quattordici anni, era emozionante uscire la notte tra le colline di Valdobbiadene, dove sono nato e cresciuto, per tracciare con le bombolette spray la mia firma sui muri abbandonati. Un gesto al limite della legalità, anche se non ho mai oltraggiato edifici di valore, che mi permetteva di esprimermi e di lasciare un segno della mia creatività”. Era, allora, una creatività che ribolliva sostenuta dall’irrequietezza dell’adolescenza e da una composta ribellione ad un percorso di studi sofferto. “Per volere della mia famiglia avevo intrapreso gli studi per diventare analista chimico, ma non era proprio la mia strada” spiega oggi, a quarantadue anni, Aldo Rebuli. Che, parallelamente a quegli studi che poco lo appassionavano, ha coltivato da autodidatta il suo talento e le sue aspirazioni: lo ha fatto continuando a sperimentare con curiosità il disegno figurativo e la pittura, la scultura, la grafica, l’intaglio e, soprattutto, continuando ad esprimersi con gli spray fino a perfezionare il suo personalissimo stile iperrealistico.

Ha così dipinto centinaia di muri e ha partecipato a numerosi eventi internazionali di street art, ma anche lavorato in uno studio di design dove ha realizzato numerosi prototipi, progetti di design d’interni e decorazioni fino a quando, una decina di anni fa, ha deciso di mettere a frutto le sue abilità creative inserendo le sue opere nell’ambiente che le circonda, trasformando muri anonimi o abbandonati in opere d’arte site-specific che sono anche un invito alla riflessione sui lavori di quel particolare luogo e ambito paesaggistico.

Prima dell’opera c’è il luogo, che cerco anche percorrendo molti chilometri perché deve essere interessante. Più spesso ci sono i committenti, dei quali cerco sempre di capire approfonditamente desideri e motivazioni: anche nel caso di commissioni, infatti, è per me prioritario che l’opera si inserisca nel suo ambiente senza alterarlo ma valorizzandolo, poiché ne sarà la sua invariabile cornice. Che poi questa sia uno spettacolare ambiente naturale, l’interno di un locale o un meno seducente paesaggio industriale poco importa: l’importante è che si armonizzino e che il risultato finale non lasci indifferente chi lo guarda”.

Negli ultimi tempi, l’interesse di Aldo Rebuli si è concentrata sull’antichissima storia delle “sue” colline. “Nei miei più intensi ricordi di bambino c’è una passeggiata con mio padre a Saccol, durante la quale spaccò un sasso e sorprendentemente vi trovammo all’interno una conchiglia fossile. Lui, che era uno dei pochi valdobbiadenesi a non aver mai posseduto un vigneto, mi raccontò che in un tempo lontanissimo lì c’era il mare, e che il vino di Valdobbiadene è così singolare anche per questa storia impressa nella terra in cui nasce, che lentamente aveva preso il posto di quel mare. Il bambino di cinque o sei anni che ero fu molto impressionato da quel racconto. E ora che ho la possibilità di ricordare questa storia attraverso la mia creatività, sto cercando di imprimerla sui muri più antichi della zona: non è sempre facile trovare gli spazi “giusti” e avere l’assenso dei proprietari, ma non ho intenzione di smettere di cercare”.

[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Autunno Inverno 2021. L’intero numero è disponibile qui]