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La via della lana

Fili morbidi come lana, preziosi come seta. Fili lunghi come la trama di una vocazione secolare che intreccia l’ordito del sapere per tessere la storia di un’attività fiorente, di cui oggi restano poche ma indicative tracce. Testimonianze di come nel territorio del Conegliano Valdobbiadene lana e seta siano state protagoniste di una lunga stagione di grande fortuna. Che si perpetua oggi con autentiche eccellenze.
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Tradizione vuole che siano stati i monaci dell’Abbazia di Santa Maria a portare a Follina la lavorazione della lana. In realtà sembra che la produzione degli umili panni di lana, resistenti e impermeabili, fosse preesistente al loro arrivo, ma sicuramente va loro attributo il merito di aver fatto sviluppare la ”follatura“ (dalla quale deriva il nome del paese), favorita dall’abbondanza di pascoli, estesi fino all’Alpago, e di corsi d’acqua.

Quanto la lavorazione della lana si radicò a Follina, lo indicano alcuni eleganti edifici del suo centro storico. Proprio ai piedi dell’Abbazia sorge Palazzo Barberis-Rusca, realizzato dal bresciano Francesco Fadda, che dal 1666 innovò profondamente la già fiorente produzione laniera, puntando ai mercati conquistati da inglesi e olandesi. Agli umili panni di lana, Fadda affiancò la produzione di tessuti più raffinati, che in breve batterono la concorrenza straniera. In seguito, la fabbrica divenne sede dei lanifici Tron-Stahl (una delle più importanti esperienze aziendali italiane del Settecento) per poi passare, all’inizio dell’Ottocento, alla famiglia Colles, che continuò a farsi valere sui mercati internazionali.

Più recente è la storia del Lanificio Andretta, che l’omonimo imprenditore di Castelfranco Veneto fece costruire nel 1820 puntando sullo sfruttamento intensivo delle risorse idriche e sulla manodopera a basso costo. Alla fine dell’Ottocento, però, le risorse idriche cominciarono a scarseggiare e la scarsa propensione all’innovazione e alla qualificazione delle maestranze, nonché la crisi commerciale e finanziaria di fine secolo, portarono rapidamente alla chiusura dei grandi lanifici della zona. Oggi l’ex lanificio Andretta è sede delle attività culturali del comune di Follina, mentre l’ex fabbrica di Fadda è un grande ed armonioso palazzo tristemente chiuso.

Tessitura

A resistere alla contrazione del mercato dell’Ottocento fu la dinamicità dei piccoli lanifici. Come quello avviato nel 1795 da Gaspare Paoletti e condotto poi da suo figlio Antonio: imprenditore illuminato che ottimizzò costi e qualità delle sue produzioni viaggiando in tutta Europa per importare conoscenze e macchinari. E che salvo la capacità produttiva della fabbrica dotandola di una locomobile a vapore per integrare le turbine quando l’acqua dei fiumi, da sempre ritenuta inesauribile, cominciò a scarseggiare.

Oggi il Lanificio Paoletti è l’unica manifattura di filati della zona superstite di una tradizione secolare, attenta allo sviluppo tecnologico, all’innovazione di processi e alla ricerca di nuovi design: ricerca continua premiata dalle più celebrate firme della moda internazionale che utilizzano i tessuti Paoletti per le loro collezioni. Da quattro anni, inoltre, si apre a contaminazioni con altre aree progettuali, grazie a La Via Della Lana, rassegna sulla cultura della lana volta a costruire nuovi significati per gli spazi industriali del lanificio e per la sua produzione.

Alla fine dell’Ottocento a declinare non furono solo i lanifici, a Follina e nel suo comprensorio: oltre agli effetti dei grandi rivolgimenti politici, la fillossera colpì le viti e la malattia del baco da seta sacrificò un’altra considerata produzione, quella della seta, causando la chiusura di tre filande.

In una di queste nacque, nel 1870 a Pedeguarda, alle porte di Follina, la Serica della Marca, oggi realtà unica nel suo genere nel territorio, che fornisce le marche più prestigiose del panorama internazionale della moda esportando anche in Cina, indiscussa detentrice di tutti i primati nel mercato della seta.

Il successo della Serica della Marca è l’emblema di quanto l’alta qualità dei filati faccia parte dell’identità socio-economica e culturale del territorio, dove la bachicoltura fu introdotta alla fine del XII secolo, grazie al terreno adatto alla coltivazione dei gelsi, indispensabili all’allevamento dei bachi da seta.

Fu nell’area di Vittorio Veneto che, alla fine del Settecento, nacque un vero e proprio distretto industriale della seta, fino allora rimasta attività prettamente domestica. Fu allora che sorsero i grandi stabilimenti serici e, alla fine dell’Ottocento, nel vittoriese si contarono dieci filande e quindici stabilimenti bacologici di assoluta avanguardia.

Oggi, di quel tessuto sociale e imprenditoriale non resta che il Museo del Baco da Seta, ospitato nell’ex filanda Maffi di San Giacomo di Veglia, dismessa negli anni Sessanta. I suoi ampi spazi custodiscono l’intensa memoria del complesso mondo agricolo, industriale, scientifico e umano che ruotava intorno a questa attività.

Filato

A Vittorio Veneto è ancora brillantemente operativo uno solo dei sei lanifici che esistettero nella zona: il Lanificio Bottoli, nato nel 1861 per la produzione di coperte e panni di lana e che, dopo aver resistito alla pesante crisi del secondo dopoguerra che ha condannato alla chiusura gli altri stabilimenti, ha indirizzato la propria vocazione produttiva nel campo dei tessuti fantasia.

Oggi Lane Bottoli è uno dei luoghi del Made in Italy più conosciuti al mondo, che produce 2500 metri di tessuto al giorno con una lavorazione realizzata totalmente all’interno dell’azienda, partendo dalla produzione della materia prima per la quale sta conducendo un’attenta riscoperta del patrimonio ovino nazionale. Ed è proprio in quest’ambito che le lane Bottoli guardano al futuro, creando tessuti ecologici non tinti, che utilizzano i colori naturali delle pecore merino italiane, nel segno di un progresso sostenibile. Perché è intrecciando la trama dell’innovazione con l’ordito del sapere, che nasce il tessuto del futuro.

[Articolo originariamente pubblicato sulla rivista Visit Conegliano Valdobbiadene Primavera Estate 2016. L’intero numero è disponibile qui]